Abstract/Sommario: Questa ricerca, a cui hanno partecipato 780 studenti della scuola primaria e secondaria di I° grado, analizza le variazioni nel costrutto del benessere scolastico, misurato con il Questionario sul Benessere Scolastico (QBS), in base al genere e all'età degli studenti, utilizzando il loro punto di vista, quello dei loro genitori e degli insegnanti. Inoltre, è stata condotta un'indagine sulle differenze tra alunni con BES (N=77) e un gruppo di controllo (N=77). I risultati hanno mostrato ...; [Leggi tutto...]
Questa ricerca, a cui hanno partecipato 780 studenti della scuola primaria e secondaria di I° grado, analizza le variazioni nel costrutto del benessere scolastico, misurato con il Questionario sul Benessere Scolastico (QBS), in base al genere e all'età degli studenti, utilizzando il loro punto di vista, quello dei loro genitori e degli insegnanti. Inoltre, è stata condotta un'indagine sulle differenze tra alunni con BES (N=77) e un gruppo di controllo (N=77). I risultati hanno mostrato differenze di genere significative e una tendenza al peggioramento del benessere scolastico nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria. Tale studio ha 2 obiettivi come principali: 1) indagare i vari aspetti del benessere scolastico nei bambini e ragazzi (sia della scuola primaria e sia di quella secondaria), considerando le differenze in base al livello scolastico; 2) valutare gli aspetti del benessere scolastico nei bambini e ragazzi con BES, confrontandoli con quelli relativi al gruppo di controllo dei compagni senza difficoltà segnalate.
Abstract/Sommario: L'articolo tratta lo studio del disturbo di comprensione che è una difficoltà di lettura che coinvolge la capacità di cogliere il significato del testo, senza che ci sia un deficit di decodifica e in presenza di un QI superiore a 75. La mancata comprensione di un testo scritto non è necessariamente legata a una lettura strumentale deficitaria; infatti, ci sono dei bambini che, sottoposti all'ascolto di un brano, non sono in grado di cogliere il significato. Da ciò nasce l'ipotesi che l ...; [Leggi tutto...]
L'articolo tratta lo studio del disturbo di comprensione che è una difficoltà di lettura che coinvolge la capacità di cogliere il significato del testo, senza che ci sia un deficit di decodifica e in presenza di un QI superiore a 75. La mancata comprensione di un testo scritto non è necessariamente legata a una lettura strumentale deficitaria; infatti, ci sono dei bambini che, sottoposti all'ascolto di un brano, non sono in grado di cogliere il significato. Da ciò nasce l'ipotesi che la comprensione di un brano o testo (orale) possa essere subordinata a disturbi o difficoltà di tipo linguistico. L'obiettivo di questo lavoro è stato quello di indagare se alla base di un disturbo di comprensione del testo scritto siano presenti difficoltà linguistiche non segnalate (o non superate in modo completo) che possono emergere dietro elevate richieste. A tal fine la ricerca è stata condotta su un vasto campione di bambini (dal 2° ciclo della scuola primaria al 1° anno della scuola secondaria) che presentavano una difficoltà di comprensione non compatibile con le capacità di decodifica, adeguate per età e scolarizzazione, e né imputabili a un basso QI. Il campione è stato sottoposto ad un test VCLA (Test di Valutazione delle Competenze Linguistiche Alte) che studia gli ambiti specifici in cui le competenze linguistiche alte si articolano, fornendo, infine, le informazioni su abilità linguistiche, soprattutto a livello espressivo.
Abstract/Sommario: Alcuni studi e ricerche mettono in luce la presenza di alunni che, nel corso della loro carriera scolastica, anziché maturare competenze strategiche di autoregolazione cognitiva ed emotiva perdono motivazione e fiducia rispetto alle proprie capacità e di conseguenza, adottano un atteggiamento difensivo e pessimista, legato alla paura di sbagliare. Secondo l'autrice i bambini, già da piccoli, hanno bisogno di vivere positivamente le fasi del loro apprendimento; perciò, essi devono esser ...; [Leggi tutto...]
Alcuni studi e ricerche mettono in luce la presenza di alunni che, nel corso della loro carriera scolastica, anziché maturare competenze strategiche di autoregolazione cognitiva ed emotiva perdono motivazione e fiducia rispetto alle proprie capacità e di conseguenza, adottano un atteggiamento difensivo e pessimista, legato alla paura di sbagliare. Secondo l'autrice i bambini, già da piccoli, hanno bisogno di vivere positivamente le fasi del loro apprendimento; perciò, essi devono essere inseriti in un ambiente scolastico che riduca la paura di sbagliare, perché proprio attraverso l'esperienza dell'errore, come passaggio necessario per costruire ipotesi e verificarle, possono poi autocorreggersi ed imparare. La scuola dovrebbe svolgere il suo ruolo di "laboratorio organizzato" (dall'insegnante) dove è possibile sperimentare, condividere, affrontare l'errore e in questo caso, secondo l'autrice, l'ambito dove l'adulto (insegnante, genitore) è maggiormente predisposto a uscire dalla sua ottica valutativa è sicuramente il gioco. Quest'ultimo, oltre ad avere una motivazione intrinseca, permette al bambino di sbagliare in tutta tranquillità e di attivare poi i meccanismi di autocontrollo e autocorrezione, grazie al fatto che è lui che opera direttamente con il materiale di gioco e svolge l'attività. Solitamente apprendimento e gioco sono pensati come attività distinte (e quindi, le proposte rivolte ai bambini vanno nell'una o nell'altra direzione); invece, bisogna considerare il gioco (sia semplice e sia quello più strutturato) come opportunità di apprendimento che può far parte anch'esso delle attività programmate per la didattica. Le risorse che esso può fornire a quest'ultima sono varie: stimolo alla motivazione, attivazione cognitiva e metacognitiva, tendenza da parte degli allievi a perseverare nei compiti nonostante le difficoltà, potenziamento dell'attenzione, apprendimento dalle prove e dagli errori, costruzione della conoscenza attraverso il fare e la condivisione con gli altri.
Abstract/Sommario: Insegnare la grammatica significa insegnare a costruire una teoria della lingua che sia generale ed esplicativa; comporta, quindi, la riflessione sul linguaggio e sulla lingua e la promozione di forme di ricerca e di conoscenza. Da ciò scaturisce il fatto che, secondo l'autrice, la grammatica deve essere insegnata in modo scientifico; infatti, dai vari studi condotti sullo sviluppo e sulla costruzione del linguaggio orale e scritto si può affermare che i bambini hanno una loro naturale ...; [Leggi tutto...]
Insegnare la grammatica significa insegnare a costruire una teoria della lingua che sia generale ed esplicativa; comporta, quindi, la riflessione sul linguaggio e sulla lingua e la promozione di forme di ricerca e di conoscenza. Da ciò scaturisce il fatto che, secondo l'autrice, la grammatica deve essere insegnata in modo scientifico; infatti, dai vari studi condotti sullo sviluppo e sulla costruzione del linguaggio orale e scritto si può affermare che i bambini hanno una loro naturale predisposizione a riflettere sulla lingua. Di conseguenza, è importante che già dalla scuola primaria l'uso della lingua deve essere concatenato alla riflessione su di essa; ciò significa far derivare la grammatica dall'uso vivo, far imparare con la pratica, far utilizzare le varie componenti classificatorie per spiegare i fatti e favorire delle relazioni nuove. Una grammatica che descrive solo in modo astratto la lingua serve a poco, è più faticosa da studiare ed anche più difficile da applicare (sia nel parlato e sia nello scritto). Riflessione sulla lingua: comporta mettere in atto delle classificazioni utili nella pratica e importanti per la conoscenza, la scoperta di collegamenti, la valutazione delle informazioni attraverso l'analisi, l'induzione e la deduzione. Il metodo proposto dall'autrice segue un percorso che va dall'analisi logica della frase semplice (espressione più vicina al vissuto del bambino rispetto al singolo vocabolo) all'analisi grammaticale (livello più astratto).
Abstract/Sommario: Il lavoro intende approfondire come, alla base dei disturbi dell'attenzione e del comportamento, ci possono essere anomalie della percezione uditiva che non permettono alla persona di recepire correttamente le informazioni dall'ambiente e di rispondere con i modi adeguati. L'articolo presenta uno studio pilota concernente l'efficacia del programma di rieducazione uditiva AIT Berard, in risposta ai bisogni educativi speciali di bambini e ragazzi che presentano queste problematiche. Lo s ...; [Leggi tutto...]
Il lavoro intende approfondire come, alla base dei disturbi dell'attenzione e del comportamento, ci possono essere anomalie della percezione uditiva che non permettono alla persona di recepire correttamente le informazioni dall'ambiente e di rispondere con i modi adeguati. L'articolo presenta uno studio pilota concernente l'efficacia del programma di rieducazione uditiva AIT Berard, in risposta ai bisogni educativi speciali di bambini e ragazzi che presentano queste problematiche. Lo studio è stato condotto su un campione di 53 allievi, con patologie e problematiche di vario tipo, di età compresa tra 3 e 17 anni; l'efficacia del trattamento è stata monitorata attraverso la somministrazione del questionario CPRS-R:L. Questo studio ha confermato l'ipotesi per la quale le anomalie della percezione uditiva possono comportare una vasta gamma di difficoltà nei processi di sviluppo e apprendimento nel bambino; l'individuazione di queste difficoltà ed il loro trattamento educativo possono migliorare in modo decisivo il funzionamento del soggetto nel suo contesto di vita, soprattutto quando sono presenti disturbi inerenti all'attenzione e al comportamento.
Abstract/Sommario: Lo studio presentato in questo articolo ha indagato l'efficacia di un training basato sulla fluenza per l'insegnamento della scrittura del carattere corsivo in una classe prima della scuola primaria. La ricerca è stata condotta secondo un disegno sperimentale a soggetto singolo per ogni partecipante; tale disegno, con lo studente che funge da controllo di se stesso, si è rilevato quello maggiormente adeguato al fine di studiare l'efficacia del training basato sulla fluenza, sulla scrit ...; [Leggi tutto...]
Lo studio presentato in questo articolo ha indagato l'efficacia di un training basato sulla fluenza per l'insegnamento della scrittura del carattere corsivo in una classe prima della scuola primaria. La ricerca è stata condotta secondo un disegno sperimentale a soggetto singolo per ogni partecipante; tale disegno, con lo studente che funge da controllo di se stesso, si è rilevato quello maggiormente adeguato al fine di studiare l'efficacia del training basato sulla fluenza, sulla scrittura del carattere corsivo in questi alunni. Tale tipologia di training ha preso le mosse da quanto emerge dalla letteratura internazionale relativa alla costruzione di competenze scolastiche non solo accurate ma anche fluenti in studenti con o senza difficoltà di apprendimento. La peculiarità della ricerca riguarda la tipologia di intervento che, per la prima volta, propone in classe un training che, oltre a promuovere la produzione corretta dei singoli caratteri, promuove anche l'automatizzazione della legatura tra di essi; tutto ciò rende possibile perseguire gli obiettivi prefissati e individualizzati attraverso un intervento didattico di gruppo.
Abstract/Sommario: In Italia sino ad oggi sono segnalati il 20-25% degli alunni della scuola primaria e oltre il 50% degli studenti della scuola secondaria di II° grado come allievi con difficoltà in matematica. C'è da dire, però, che la discalculia è un disturbo specifico evolutivo del sistema nervoso centrale e come tale di scarsa incidenza sulla totalità della popolazione scolastica; quindi, già dalla nascita si è predisposti all'intelligenza numerica come a quella verbale. La maggior parte degli alun ...; [Leggi tutto...]
In Italia sino ad oggi sono segnalati il 20-25% degli alunni della scuola primaria e oltre il 50% degli studenti della scuola secondaria di II° grado come allievi con difficoltà in matematica. C'è da dire, però, che la discalculia è un disturbo specifico evolutivo del sistema nervoso centrale e come tale di scarsa incidenza sulla totalità della popolazione scolastica; quindi, già dalla nascita si è predisposti all'intelligenza numerica come a quella verbale. La maggior parte degli alunni individuati come casi positivi, cioè bisognosi di prestazioni speciali (compatibili con un disturbo specifico) hanno in realtà bisogno di strategie didattiche funzionali al dominio cognitivo del numero. Il presente studio da parte delle autrici è volto ad approfondire quali sono tra le abilità numeriche quelle che sostengono l'apprendimento matematico maggiormente; perciò è stata condotta una ricerca su un campione di 795 bambini della scuola primaria, focalizzando l'attenzione sulle abilità numeriche innate degli allievi e sulle correlazioni che tali abilità hanno con le funzioni esecutive. I risultati raccolti dalle autrici, insieme a quelli della letteratura scientifica, hanno condotto a ripensare il contesto didattico per sostenere fin dalla prima infanzia l'evoluzione naturale della cognizione numerica e la capacità di calcolo, partendo dalle competenze innate del bambino e mantenendo con queste ultime uno stretto legame, al fine di potenziare sin da subito la fluidità e l'automatizzazione del calcolo numerico, insieme ad un uso di strategie di conteggio e calcolo a mente sempre più preciso ed efficiente. Abilità innate, conteggio in avanti e indietro, fatti numerici, calcolo mentale sono, perciò, le basi importanti e imprescindibili sui quali costruire i successivi apprendimenti.