Abstract/Sommario: L’impulsività e l’irruenza che caratterizzano il deficit d’attenzione/iperattività influenzano il modo in cui il bambino si rapporta con i coetanei e gli adulti, alienandosene, col tempo, la simpatia e finendo col trovarsi rifiutato. Si innesta quindi un circolo vizioso per cui più il bambino è isolato, meno ha la possibilità di fare pratica e di costruirsi un repertorio di abilità sociali, per cui si consolida il rifiuto da parte dei pari con pesanti ripercussioni sull’autostima e sul ...; [Leggi tutto...]
L’impulsività e l’irruenza che caratterizzano il deficit d’attenzione/iperattività influenzano il modo in cui il bambino si rapporta con i coetanei e gli adulti, alienandosene, col tempo, la simpatia e finendo col trovarsi rifiutato. Si innesta quindi un circolo vizioso per cui più il bambino è isolato, meno ha la possibilità di fare pratica e di costruirsi un repertorio di abilità sociali, per cui si consolida il rifiuto da parte dei pari con pesanti ripercussioni sull’autostima e sulla qualità di vita del bambino. Per questo, abbiamo progettato e attuato un training sulle abilità sociali, misurando e confrontando queste e il livello di autostima dei soggetti prima e dopo l’intervento, al fine di formulare una valutazione a breve termine dei risultati e ipotizzare le implicazioni che potrebbero favorirne il mantenimento e la generalizzazione.
Abstract/Sommario: Recentemente abbiamo proposto un software contenente una serie di esercizi al computer finalizzati all’allenamento di processi cognitivi con un’elevata richiesta attentiva. Le attività sono state suddivise secondo un modello attentivo costruito empiricamente in cui l’attenzione deve essere esercitata in sinergia con altri processi cognitivi: memoria, inibizione e flessibilità. Nel presente contributo vengono delineati i presupposti teorici che ci hanno indotto alla costruzione di tale ...; [Leggi tutto...]
Recentemente abbiamo proposto un software contenente una serie di esercizi al computer finalizzati all’allenamento di processi cognitivi con un’elevata richiesta attentiva. Le attività sono state suddivise secondo un modello attentivo costruito empiricamente in cui l’attenzione deve essere esercitata in sinergia con altri processi cognitivi: memoria, inibizione e flessibilità. Nel presente contributo vengono delineati i presupposti teorici che ci hanno indotto alla costruzione di tale programma e ne viene descritta la struttura.
Abstract/Sommario: Nell’ambito della sempre più crescente diffusione dell’adozione, viene presentato un contributo che analizza le implicazioni del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività nei bambini adottati, evidenziando in particolare la necessità di un approccio integrato e una diagnosi differenziale che prenda in considerazione la possibilità di una comorbilità fra il disturbo e altre manifestazioni psicopatologiche associate ai traumi connessi all’abbandono. Vengono, inoltre, analizzate ...; [Leggi tutto...]
Nell’ambito della sempre più crescente diffusione dell’adozione, viene presentato un contributo che analizza le implicazioni del disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività nei bambini adottati, evidenziando in particolare la necessità di un approccio integrato e una diagnosi differenziale che prenda in considerazione la possibilità di una comorbilità fra il disturbo e altre manifestazioni psicopatologiche associate ai traumi connessi all’abbandono. Vengono, inoltre, analizzate delle possibili ipotesi per spiegare l’alta incidenza di disturbi riconducibili alla sfera attentiva o a quella dell’iperattività, soffermandosi sui fattori di rischio biologici, ambientali e psicologici.
Abstract/Sommario: In Gran Bretagna, la principale barriera per l’accesso ai servizi specialistici è rappresentata dal limitato riconoscimento del disturbo da parte dei medici di base. Scopo di questo studio è esaminare le relazioni tra le differenti fasi della ricerca di aiuto nel caso di bambini DDAI. I risultati mostrano che l’80% dei genitori di bambini DDAI riconosce che il figlio ha un problema ma solo il 35% si rende conto che si tratta di iperattività. Il riconoscimento da parte dei genitori dell ...; [Leggi tutto...]
In Gran Bretagna, la principale barriera per l’accesso ai servizi specialistici è rappresentata dal limitato riconoscimento del disturbo da parte dei medici di base. Scopo di questo studio è esaminare le relazioni tra le differenti fasi della ricerca di aiuto nel caso di bambini DDAI. I risultati mostrano che l’80% dei genitori di bambini DDAI riconosce che il figlio ha un problema ma solo il 35% si rende conto che si tratta di iperattività. Il riconoscimento da parte dei genitori dell’iperattività appare fortemente correlato con la gravità dei sintomi e con il loro impatto sugli adulti. La maggior parte dei genitori contatta professionisti dell’educazione e pochi i medici di base o servizi specialistici. Il contatto con i servizi è predetto dalla presa di coscienza dell’esistenza di un problema e dalla percezione della sua gravità più che da fattori relativi al bambino.
Abstract/Sommario: Gli insegnanti rappresentano una delle fonti principali per l’identificazione precoce dei disturbi comportamentali nell’infanzia, e una delle risorse necessarie per affrontarli. La presente ricerca utilizza un questionario appositamente creato dall’AIDAI – Toscana per indagare i criteri soggettivi con i quali gli insegnanti definiscono le caratteristiche sintomatologiche tipiche del DDAI. Viene inoltre valutato se emergono differenze significative in base all’ordine di scuola degli ins ...; [Leggi tutto...]
Gli insegnanti rappresentano una delle fonti principali per l’identificazione precoce dei disturbi comportamentali nell’infanzia, e una delle risorse necessarie per affrontarli. La presente ricerca utilizza un questionario appositamente creato dall’AIDAI – Toscana per indagare i criteri soggettivi con i quali gli insegnanti definiscono le caratteristiche sintomatologiche tipiche del DDAI. Viene inoltre valutato se emergono differenze significative in base all’ordine di scuola degli insegnanti del campione (dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado). Questo tipo di approfondimento può rappresentare per i docenti uno stimolo a migliorare la propria efficacia nell’osservazione e segnalazione di bambini con DDAI; per gli specialisti una finestra sul modo di pensare il DDAI da parte degli insegnanti.
Abstract/Sommario: 779 bambini sono stati valutati dai loro insegnanti a fine prima e nuovamente a fine seconda elementare, tramite una scala di valutazione basata sul DSM-IV: i bambini con sintomatologia DDAI che supera il 95° percentile a fine prima sono dalle 5 alle 16 volte più a rischio di presentare un rilevante disadattamento a fine seconda (nelle aree degli apprendimenti, della sintomatologia internalizzante e nella sfera relazionale), con un’accuratezza predittiva di 0.92. Si rendono quindi gius ...; [Leggi tutto...]
779 bambini sono stati valutati dai loro insegnanti a fine prima e nuovamente a fine seconda elementare, tramite una scala di valutazione basata sul DSM-IV: i bambini con sintomatologia DDAI che supera il 95° percentile a fine prima sono dalle 5 alle 16 volte più a rischio di presentare un rilevante disadattamento a fine seconda (nelle aree degli apprendimenti, della sintomatologia internalizzante e nella sfera relazionale), con un’accuratezza predittiva di 0.92. Si rendono quindi giustificati screening ad hoc per attivare un precoce approfondimento valutativo e promuovere interventi di tipo almeno preventivo
Abstract/Sommario: Da alcuni anni nella scuola italiana la metacognizione è considerata un potente mezzo di ampliamento e potenziamento delle capacità del bambino. Nella scuola dell’infanzia il suo utilizzo sembra incontrare però scarsa applicazione. Con questa indagine abbiamo cercato di conoscere le idee e le preferenze degli insegnanti di scuola dell’infanzia riguardo all’opportunità e possibilità di applicare interventi metacognitivi alla didattica con bambini così piccoli, in particolare per favorir ...; [Leggi tutto...]
Da alcuni anni nella scuola italiana la metacognizione è considerata un potente mezzo di ampliamento e potenziamento delle capacità del bambino. Nella scuola dell’infanzia il suo utilizzo sembra incontrare però scarsa applicazione. Con questa indagine abbiamo cercato di conoscere le idee e le preferenze degli insegnanti di scuola dell’infanzia riguardo all’opportunità e possibilità di applicare interventi metacognitivi alla didattica con bambini così piccoli, in particolare per favorire il controllo dell’attenzione a scuola. I risultati sembrano indicare una generale limitazione nell’uso di strategie metacognitive.