Abstract/Sommario: Secondo diversi autori il disturbo evitante di personalità e la fobia sociale si collocherebbero su punti diversi di un continuum; le caratteristiche specifiche delle due patologie resterebbero di difficile identificazione. Ipotizziamo qui che i due disturbi differiscano qualitativamente rispetto alla capacità di percepire un senso di appartenenza al gruppo sociale, ovvero percepire di condividere con gli altri contenuti mentali, valori, credenze, esperienze, affetti, abilità o interes ...; [Leggi tutto...]
Secondo diversi autori il disturbo evitante di personalità e la fobia sociale si collocherebbero su punti diversi di un continuum; le caratteristiche specifiche delle due patologie resterebbero di difficile identificazione. Ipotizziamo qui che i due disturbi differiscano qualitativamente rispetto alla capacità di percepire un senso di appartenenza al gruppo sociale, ovvero percepire di condividere con gli altri contenuti mentali, valori, credenze, esperienze, affetti, abilità o interessi. Pazienti affetti da disturbo evitante di personalità avrebbero problemi in quest’area, al contrario di quelli con fobia sociale. In questo studio esplorativo abbiamo confrontato due campioni di pazienti, 23 pazienti ambulatoriali affetti da fobia sociale e 23 pazienti ambulatoriali affetti da disturbo evitante di personalità. Il senso di non appartenenza è stato valutato somministrando a ciascun soggetto il SAC (Questionario per la quantificazione del Senso di Appartenenza e Condivisione). Malgrado il limite metodologico dell’uso di differenti batterie di test diagnostici nelle due popolazioni analizzate, che riduce il loro valore scientifico, i risultati ottenuti confermano l’ipotesi e mostrano come i pazienti con disturbo evitante di personalità avvertano un elevato senso di distacco/esclusione nelle relazioni, a differenza di quelli con fobia sociale. Riteniamo importante replicare lo studio con un campione più ampio e criteri diagnostici più formalizzati per verificare l’ipotesi e verificare se la percezione o meno dell’appartenenza ai gruppi possa essere un criterio che discrimina i due disturbi.
Abstract/Sommario: Questo articolo presenta una revisione teorica aggiornata sul concetto del Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) che può generarsi a seguito dell’esposizione diretta o indiretta a un avvenimento traumatico. Si inizia con la descrizione della sintomatologia suddivisa in: rivivere il fatto traumatico, evitamento, ottundimento della reattività generale e ipervigilanza. Successivamente vengono presentati i più recenti studi che ne indicano la presenza nella popolazione, sia nella popol ...; [Leggi tutto...]
Questo articolo presenta una revisione teorica aggiornata sul concetto del Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) che può generarsi a seguito dell’esposizione diretta o indiretta a un avvenimento traumatico. Si inizia con la descrizione della sintomatologia suddivisa in: rivivere il fatto traumatico, evitamento, ottundimento della reattività generale e ipervigilanza. Successivamente vengono presentati i più recenti studi che ne indicano la presenza nella popolazione, sia nella popolazione generale, sia in quella direttamente coinvolta in un evento traumatico. Per l’individuazione dei sintomi vengono utilizzati specifici questionari descritti nella sezione concernente gli strumenti di indagine. Lo studio delle basi biologiche del disturbo è divenuto particolarmente rilevante negli ultimi anni, e per questo motivo abbiamo approfondito tale ambito con particolare riferimento all’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Un’importante accelerazione allo studio del disturbo post-traumatico da stress è dovuto alla sempre maggior importanza attribuita alla prevenzione, intesa come riduzione dell’incidenza dei disordini psichiatrici che si possono presentare in seguito a un trauma. Sono inoltre presentate le diverse tipologie di trattamento soffermandoci in particolare sull’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR), su quello psicologico, con l’ausilio di tecniche che si rifanno alla terapia cognitivo comportamentale, e su quello farmacologico che vede l’impiego degli inibitori della ricaptazione della serotonina.
Abstract/Sommario: Il criticismo genitoriale è un costrutto relazionale che ha diverse implicazioni sul piano psicopatologico, in special modo per quel che riguarda i disturbi del comportamento alimentare e il disturbo ossessivo compulsivo. Dati sperimentali lo correlano anche alla tendenza alle ricadute dei pazienti schizofrenici e depressi. Sono rari tuttavia strumenti di misura volti specificatamente alla valutazione di tale costrutto. Lo studio del criticismo è stato compiuto finora utilizzando alcun ...; [Leggi tutto...]
Il criticismo genitoriale è un costrutto relazionale che ha diverse implicazioni sul piano psicopatologico, in special modo per quel che riguarda i disturbi del comportamento alimentare e il disturbo ossessivo compulsivo. Dati sperimentali lo correlano anche alla tendenza alle ricadute dei pazienti schizofrenici e depressi. Sono rari tuttavia strumenti di misura volti specificatamente alla valutazione di tale costrutto. Lo studio del criticismo è stato compiuto finora utilizzando alcune sottoscale di più globali misurazioni di altri costrutti: l’emotività espressa e il perfezionismo. Lo scopo di questo studio è mettere a punto un questionario specificatamente diretto a valutare il criticismo genitoriale ed esaminarne le proprietà psicometriche. Il campione è composto da 204 studenti di scuola secondaria di secondo grado i quali hanno compilato le quattro scale che compongono il questionario nonché le due sottoscale del Multidimensional Perfectionism Scale di Frost et al. Relative al criticismo genitoriale e alle aspettative genitoriali. L’analisi fattoriale ha confermato i fattori teorici ipotizzati. Le quattro sottoscale del Perceived Criticism Inventory hanno dimostrato di avere una buona consistenza interna, un buon grado di attendibilità test-retest a 5 settimane e una buona validità convergente se correlate alle due sottoscale del Multidimensional Perfectionism Scale relative alle critiche e alle aspettative genitoriali. Il questionario presenta elementi di fragilità e richiede la raccolta di un numero maggiore di dati.
Abstract/Sommario: In questi ultimi dieci anni, la ricerca italiana sulla valutazione dell’impatto del lavoro in emergenza ha avuto un importante impulso, dato dall’istituzionalizzazione di molti gruppi di lavoro e intervento sui temi della psicologia dell’emergenza. Questo lavoro di review si pone, quindi, come contributo operativo alla rete di ricerca che in Italia si sta gradualmente organizzando. L’analisi della letteratura internazionale ha permesso di evidenziare un format metodologico piuttosto co ...; [Leggi tutto...]
In questi ultimi dieci anni, la ricerca italiana sulla valutazione dell’impatto del lavoro in emergenza ha avuto un importante impulso, dato dall’istituzionalizzazione di molti gruppi di lavoro e intervento sui temi della psicologia dell’emergenza. Questo lavoro di review si pone, quindi, come contributo operativo alla rete di ricerca che in Italia si sta gradualmente organizzando. L’analisi della letteratura internazionale ha permesso di evidenziare un format metodologico piuttosto costante, che caratterizza la maggior parte delle ricerche sulla valutazione dell’impatto del lavoro in emergenza. Gli strumenti incontrati sono stati descritti in modo dettagliato nelle tabelle allegate, curando in particolar modo i punti di forza e debolezza, le proprietà psicometriche, il formato, le indicazioni d’uso e la presenza di eventuali studi di validazione nel contesto italiano. Sono stati presentati anche alcuni strumenti specifici per gli operatori dell’emergenza, spesso trasversali e creati ad hoc per singoli contesti di studio. La review si conclude con un’analisi critica della metodologia dominante negli studi sugli operatori dell’emergenza e la descrizione di nuovi orizzonti di ricerca.