Abstract/Sommario: Credo che per rivitalizzare il nostro welfare sia prima di tutto necessario riappropriarsi del significato più dinamico di quel mandato istituzionale e professionale che ancor oggi coinvolge tutti gli operatori pubblici: essere accompagnatori competenti dell'esistenza delle persone nei normali contesti della vita. È molto triste dover constatare che le disuguaglianze e le difficoltà esistenziali delle persone (e soprattutto delle persone che fanno fatica a tenere il passo!) non si arre ...; [Leggi tutto...]
Credo che per rivitalizzare il nostro welfare sia prima di tutto necessario riappropriarsi del significato più dinamico di quel mandato istituzionale e professionale che ancor oggi coinvolge tutti gli operatori pubblici: essere accompagnatori competenti dell'esistenza delle persone nei normali contesti della vita. È molto triste dover constatare che le disuguaglianze e le difficoltà esistenziali delle persone (e soprattutto delle persone che fanno fatica a tenere il passo!) non si arrestano, ma continuano ad aumentare e che la qualità della loro vita e della loro salute (intesa come bene-essere) diventano sempre più scadenti. In particolare è sempre più faticoso accedere ad un’istruzione adeguata (specie se universitaria!), ad una formazione specifica e rispondente alle proprie capacità; trovare un lavoro e un reddito dignitoso; disporre di un accesso non complicato e in tempi ragionevolmente brevi alle cure specialistiche; avere sostegni per una buona inclusione sociale e la possibilità di una dignitosa abitazione.
Abstract/Sommario: Il modello biopsicosociale dell'ICF, ridefinisce il significato di disabilità come questione che riguarda l'interazione individuo-ambiente, per cui le disabilità non vanno più concepite come "dis-abilità", ossia limitazioni delle abilità personali, ma come "problemi di funzionamento", che derivano dal modo con cui determinate condizioni di salute entrano in relazione con i contesti di vita della persona. Il linguaggio con cui è scritto il D. Lgs. 66/2017 non fa più riferimento al lingu ...; [Leggi tutto...]
Il modello biopsicosociale dell'ICF, ridefinisce il significato di disabilità come questione che riguarda l'interazione individuo-ambiente, per cui le disabilità non vanno più concepite come "dis-abilità", ossia limitazioni delle abilità personali, ma come "problemi di funzionamento", che derivano dal modo con cui determinate condizioni di salute entrano in relazione con i contesti di vita della persona. Il linguaggio con cui è scritto il D. Lgs. 66/2017 non fa più riferimento al linguaggio della precedente normativa in materia d’integrazione/inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità, il cui asse portante è stata la L. 104/1992, unitamente al DPR del 24/02/1994. Il massimo elemento di discontinuità tra la precedente legislazione e le novità introdotte dal D. Lgs. 66/2017 è il riferimento al modello bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF). Infatti, è proprio il modello biopsicosociale dell’ICF che, se applicato all’analisi del significato di disabilità, colloca l’approccio all’inclusione scolastica degli alunni/e con disabilità oltre il “vecchio” PEI, ossia al di là della concezione di scuola e di educazione che aveva caratterizzato gli anni dell’integrazione scolastica fin dagli esordi, negli anni Settanta del XX secolo, superando anche le novità introdotte dalla L. 104/1992 e dalla normativa ad essa ispirata. Il modello biopsicosociale dell’ICF, infatti, ridefinisce il significato di disabilità come questione che riguarda l’interazione individuo-ambiente, per cui le disabilità non vanno più concepite come “dis-abilità”, ossia limitazioni delle abilità personali, ma come “problemi di funzionamento”, che derivano dal modo con cui determinate condizioni di salute entrano in relazione con i contesti di vita della persona.
Abstract/Sommario: Nel ripercorrere gli eventi che dall’inizio della pandemia hanno caratterizzato la vita delle persone che vivono nelle strutture residenziali si riflette su come le misure di distanziamento fisico si sono trasformate in un distanziamento affettivo, fino all’annullamento di ogni forma di relazione. Una situazione che non meraviglia più di tanto se se si considera il paradigma culturale dominante nella società e dunque anche nell’organizzazione sanitaria. Come la mettiamo con il paradigm ...; [Leggi tutto...]
Nel ripercorrere gli eventi che dall’inizio della pandemia hanno caratterizzato la vita delle persone che vivono nelle strutture residenziali si riflette su come le misure di distanziamento fisico si sono trasformate in un distanziamento affettivo, fino all’annullamento di ogni forma di relazione. Una situazione che non meraviglia più di tanto se se si considera il paradigma culturale dominante nella società e dunque anche nell’organizzazione sanitaria. Come la mettiamo con il paradigma imperante, quello di un welfare centrato sulle prestazioni, di una sanità aziendalizzata che spesso scambia il doveroso strumento di un attento controllo di gestione con il fine cui deve tendere l’organizzazione? Un welfare focalizzato sulle prestazioni - e non sulle relazioni - fatalmente non potrà che orientare la propria attenzione al tempo cronologico impiegato per ottenere un determinato prodotto.