Abstract/Sommario: L’attuale nostro welfare non funziona più. È ottimo quando si richieda un servizio omogeneo che venga determinato con criteri oggettivi e misurabili, come ad esempio nel caso delle provvidenze economiche, ma è del tutto inadeguato quando si tratti di servizi a valenza relazionale, basati su fiducia e reciprocità, che necessitano di alleanze tra pubblico, associazioni, terzo settore, imprese e cittadini. In una necessaria spinta al cambiamento, per riprogettare il nostro welfare territo ...; [Leggi tutto...]
L’attuale nostro welfare non funziona più. È ottimo quando si richieda un servizio omogeneo che venga determinato con criteri oggettivi e misurabili, come ad esempio nel caso delle provvidenze economiche, ma è del tutto inadeguato quando si tratti di servizi a valenza relazionale, basati su fiducia e reciprocità, che necessitano di alleanze tra pubblico, associazioni, terzo settore, imprese e cittadini. In una necessaria spinta al cambiamento, per riprogettare il nostro welfare territoriale, dobbiamo considerare che ancora sono presenti e operanti diverse opinioni e diversi modelli spesso del tutto divergenti. I diversi soggetti presenti: pubblico, privato sociale, privato profit, non-profit e famiglie spesso sono alla ricerca di un solitario predominio, mentre necessiterebbero di mettersi in sintonia, di trovare un ragionevole accomodamento attraverso un sistema di regole condivise che porti a livello paritario tutti, con forme di coordinamento che si accompagnino ad una necessaria pluralizzazione e diversificazione dei modelli operativi, senza pensare a pericolose privatizzazioni di mercato, ma salvaguardando, sempre, la centralità della presa in carico del servizio pubblico. Bisognerebbe avere l’onestà di ammettere che anche i diversi e grossi problemi del nostro welfare territoriale, che ci trasciniamo dietro da anni e che finora non abbiamo voluto o potuto risolvere, stanno facendo la loro parte nel complicare la vita delle persone.
Abstract/Sommario: La pandemia ha fatto esplodere tutte le contraddizioni di un sistema scolastico carente di competenze psico-pedagogiche serie e di comunità educanti efficaci. Questa frattura è data anche dalle condizioni obiettive di questo anno (protocolli sanitari, quarantene, mascherine, ecc..), ma non solo da queste, bensì da una crisi collettiva della “relazione” (in chiave appunto psico-pedagogica) che sarebbe stata necessaria in un anno talmente difficile che Versari è costretto a scrivere sul ...; [Leggi tutto...]
La pandemia ha fatto esplodere tutte le contraddizioni di un sistema scolastico carente di competenze psico-pedagogiche serie e di comunità educanti efficaci. Questa frattura è data anche dalle condizioni obiettive di questo anno (protocolli sanitari, quarantene, mascherine, ecc..), ma non solo da queste, bensì da una crisi collettiva della “relazione” (in chiave appunto psico-pedagogica) che sarebbe stata necessaria in un anno talmente difficile che Versari è costretto a scrivere sul promuovere/bocciare “…. tenendo debito conto delle difficoltà incontrate dagli alunni e dagli studenti in relazione alle situazioni determinate dalla già menzionata situazione emergenziale”. Già scriverlo è un segno di amarezza, come se non venisse in mente a qualsiasi normale insegnante, a prescindere che gli venga detto dal “superiore ministero” di tenere il “debito conto” delle difficoltà. Debito, appunto, ma di chi e di che? L'autore espone la propria lettura critica di come sia stato quest’anno scolastico in merito allo slogan che nel 2020 era diventato il mito della “scuola giusta”, soprattutto nei detrattori della Dad, e cioè quella “in presenza” per via della retorica formula “la centralità della relazione educativa”, che va ben definita nel suo significato pedagogico profondo, che certo non è quello della lezione frontale, compiti per casa, interrogazioni e voto. Pratica che è ancora stata lungo tutto il 2021 non solo dominante, ma perfino in vertiginoso aumento. Bighellonando tra norme varie, l'autore ha riscoperto che nel profilo del docente italiano è scritto che oltre alle competenze “disciplinari”, sono previste quelle psico-pedagogiche, e poi quelle organizzative e didattiche. Dunque l’approccio psico-pedagogico sarebbe strutturale e non accessorio nell’insegnamento, come la CD “comunità educante”, ma anche questa velocemente sfumata durante l’anno.