Abstract/Sommario: L'articolo presentato nella rivista dai temi tra la medicina e le humanities vuole essere un saggio sulla settima arte. Attraverso le medical humanities, cioè mediante una formazione basata sulle storie, sia di finzione (romanzi, film) che non (racconti autobiografici) si vuol dare delle possibilità che queste hanno di rispondere alle questioni di fondo dell’uomo, in particolare quelle che sono provocate dalla sofferenza, dalla malattia, dalla ricerca di guarigione, dai limiti dell’imp ...; [Leggi tutto...]
L'articolo presentato nella rivista dai temi tra la medicina e le humanities vuole essere un saggio sulla settima arte. Attraverso le medical humanities, cioè mediante una formazione basata sulle storie, sia di finzione (romanzi, film) che non (racconti autobiografici) si vuol dare delle possibilità che queste hanno di rispondere alle questioni di fondo dell’uomo, in particolare quelle che sono provocate dalla sofferenza, dalla malattia, dalla ricerca di guarigione, dai limiti dell’impiego della tecnologia per valorizzare la storia del paziente e diventare un fondamentale strumento di conoscenza della malattia, essenziale per costruire un efficace progetto terapeutico. L'autrice analizza un Il film documentario "Paese del silenzio e dell'oscurità, dal regista Tedesco Werner Herzog, che ha per protagonista Fini Straubinger, sordocieca dall’età di quindici anni. Fini non cede all'isolamento e trova modi nuovi di vivere e di comunicare. Il film ricorda la vita di Sabina Santilli, sordocieca all'età di sette anni dopo una malattia che nel 1964 ha fondato la Lega del Filo d'Oro.
Abstract/Sommario: Nessuna delle civiltà del passato ha trovato la risposta definitiva al perché della morte, né la nostra cultura sembra meglio attrezzata. Oggi l’interrogativo sembra però essersi spostato dalla metafisica all’etica, cioè dal perché al come stare su questo scomodo confine: per orizzontarci abbiamo più che mai bisogno di ricorrere alle medical humanities. Se ne parla nell'Obiettivo di questo numero della rivista Janus 29. L'editoriale propone una analisi del direttore: La formula stereot ...; [Leggi tutto...]
Nessuna delle civiltà del passato ha trovato la risposta definitiva al perché della morte, né la nostra cultura sembra meglio attrezzata. Oggi l’interrogativo sembra però essersi spostato dalla metafisica all’etica, cioè dal perché al come stare su questo scomodo confine: per orizzontarci abbiamo più che mai bisogno di ricorrere alle medical humanities. Se ne parla nell'Obiettivo di questo numero della rivista Janus 29. L'editoriale propone una analisi del direttore: La formula stereotipata “né eutanasia, né accanimento terapeutico” è tranquillizzante, ma non riesce a fornire ai medici un’indicazione nelle scelte di fine vita. Sembra più coerente la bozza del nuovo codice di deontologia degli infermieri, che alle ingannevoli rassicurazioni fornite dalla rinuncia all’accanimento terapeutico preferisce il criterio della proporzionalità: l’infermiere «tutelerà la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi non proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità della vita». Questa valorizzazione del punto di vista della persona può essere utile dal punto di vista giuridico.