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Abstract/Sommario: Chi soffre di demenza senile non è detto che non si accorga della sua malattia. Soprattutto all’inizio può avvertire i sintomi che ne denotano la comparsa e iniziare a preoccuparsi seriamente, trattandosi di una malattia degenerativa. Diventa quindi un problema ance per i famigliari che non sanno come aver cura della persona, che compie atti che non avrebbe mai fatto in passato. È importante che chi si occupa della persona, ricordi sempre che la demenza non le permette di comprendere a ...; [Leggi tutto...] Chi soffre di demenza senile non è detto che non si accorga della sua malattia. Soprattutto all’inizio può avvertire i sintomi che ne denotano la comparsa e iniziare a preoccuparsi seriamente, trattandosi di una malattia degenerativa. Diventa quindi un problema ance per i famigliari che non sanno come aver cura della persona, che compie atti che non avrebbe mai fatto in passato. È importante che chi si occupa della persona, ricordi sempre che la demenza non le permette di comprendere appieno quello che viene detto e fatto. Allo stesso modo, non si può pretendere che possa o voglia fare cose che per lei erano normali prima della malattia. Considerato che sempre più spesso negli ultimi anni l’ingresso in RSA avviene quando le persone sono gravemente compromesse, tali da non essere più gestibili a domicilio, gli operatori si trovano sempre di più a dover assistere persone affette da demenza in fasi avanzate, dovendo far fronte di frequente a situazioni che possono generare stress, frustrazione o senso di impotenza. È dunque fondamentale che una Direzione aperta e consapevole investa sulla propria organizzazione e sulla propria struttura per il bene delle persone, intese sia come ospiti sia come operatori.

Abstract/Sommario: Nell’articolo l’autrice approfondisce il tema della contenzione da un punto di vista giuridico soffermandosi su quando è obbligatorio fare ricorso, quando può dar luogo a responsabilità pensale, sui casi di liceità dell’utilizzo della contenzione e sulle prospettive future. Tutti gli studi sul tema concordano nell’indicare il superamento della contenzione quale obiettivo da raggiungere al più presto.

Abstract/Sommario: A lungo le persone con demenza in stadio avanzato sono state considerate “gusci vuoti”, prive della capacità di provare dolore fisico ed emotivo. Oggi sappiamo non solo che provano dolore, ma anche che sono in grado di esprimerlo in maniera congruente. Dalle evidenze, infatti, emerge come le persone con demenza mostrino un’ampia gamma di emozioni, anche in una fase avanzata della malattia. Le persone con una demenza severa sono in grado di esprimere emozioni attraverso il volto. E, in ...; [Leggi tutto...] A lungo le persone con demenza in stadio avanzato sono state considerate “gusci vuoti”, prive della capacità di provare dolore fisico ed emotivo. Oggi sappiamo non solo che provano dolore, ma anche che sono in grado di esprimerlo in maniera congruente. Dalle evidenze, infatti, emerge come le persone con demenza mostrino un’ampia gamma di emozioni, anche in una fase avanzata della malattia. Le persone con una demenza severa sono in grado di esprimere emozioni attraverso il volto. E, in particolare, che riceveva la diagnosi, poteva comunque mostrare interesse, felicità, paura, tristezza e rabbia anche in uno stadio di demenza grave. Nella relazione di assistenza, la persona sente emozioni che si fondono con quelle che care partner, ed è così che le distanze emotive tra loro si azzerano. Non è possibile spegnere le emozioni di chi assiste o viene assistito e nemmeno ignorarle. Ciò significa che, al progredire della patologia e del deterioramento delle abilità linguistiche di chi riceve la diagnosi, è importante far corrispondere una crescita nella capacità di decodificare e utilizzare il linguaggio non verbale da parte di chi assiste.

Abstract/Sommario: Secondo l’autrice di questo articolo è urgente sviluppare competenza nella rilevazione del dolore, per dare risposte assistenziali adeguate. Il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali. Il dolore e la nocicezione sono fenomeni diversi: il dolore non può essere dedotto solo dall’attività neuro-sensoriale. Le persone apprendono il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita. Il racconto di un’esperienza co ...; [Leggi tutto...] Secondo l’autrice di questo articolo è urgente sviluppare competenza nella rilevazione del dolore, per dare risposte assistenziali adeguate. Il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali. Il dolore e la nocicezione sono fenomeni diversi: il dolore non può essere dedotto solo dall’attività neuro-sensoriale. Le persone apprendono il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita. Il racconto di un’esperienza come dolorosa dovrebbe essere rispettato. Sebbene il dolore di solito abbia un ruolo adattivo, può avere effetti negativi sulla funzionalità e il benessere sociale e psicologico. La descrizione verbale è solo uno dei numerosi modi per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano provi dolore. Ogni espressione corporea che si discosta da quelle abituali deve risvegliare nel professionista della cura il sospetto della presenza di dolore.

Abstract/Sommario: Le pagine contenute in questo articolo costituiscono un estratto dal libro “Non sono più io. Come fronteggiare l’interminabile lutto nella demenza” di Elisa Mencacci, Adalbero Bordin e Valentina Busato (Editrice Dapero, 2020), un volume che approfondisce le perdite che progressivamente avvengono per la persona e per la sua famiglia, con il progredire della demenza, supportando professionisti e caregiver in questo percorso di accompagnamento, che inizia prima del fine vita vero e propri ...; [Leggi tutto...] Le pagine contenute in questo articolo costituiscono un estratto dal libro “Non sono più io. Come fronteggiare l’interminabile lutto nella demenza” di Elisa Mencacci, Adalbero Bordin e Valentina Busato (Editrice Dapero, 2020), un volume che approfondisce le perdite che progressivamente avvengono per la persona e per la sua famiglia, con il progredire della demenza, supportando professionisti e caregiver in questo percorso di accompagnamento, che inizia prima del fine vita vero e proprio. Questo estratto contiene una riflessione per i professionisti che desiderano accompagnare i famigliari ad aprirsi, a coltivare un sentimento di fiducia e a vedere nella malattia e nella morte non solo un limite ma anche un’opportunità.

Abstract/Sommario: Se la demenza è una sindrome per sua natura ingravescente, quando questa diventa severa pare ci sia ben poco da fare. La risposta più facile, a casa come in struttura, riguarda il mantenimento della persona, cui assicurare i bisogni di base e contro i cui comportamenti bizzarri o aggressivi si agisce sui sintomi solo con terapia psichiatrica. Ma basta ciò? Forse un focus sulla persona affetta da demenza può aiutare a immettere nella cura piccole attenzioni che mirino al mantenimento, p ...; [Leggi tutto...] Se la demenza è una sindrome per sua natura ingravescente, quando questa diventa severa pare ci sia ben poco da fare. La risposta più facile, a casa come in struttura, riguarda il mantenimento della persona, cui assicurare i bisogni di base e contro i cui comportamenti bizzarri o aggressivi si agisce sui sintomi solo con terapia psichiatrica. Ma basta ciò? Forse un focus sulla persona affetta da demenza può aiutare a immettere nella cura piccole attenzioni che mirino al mantenimento, per quanto possibile, della percezione emozionale, che è di per sé terapeutica. In ciò la riflessione riguarda un aspetto poco considerato: la musica. La musica è infatti un ricordo che non solo persiste nel tempo, ma pure porta con sé il potere di governo delle proprie emozioni. Bisognerebbe superare il concetto dell’animazione-intrattenimento, che vede attività come “riempitivi temporali” della giornata, imprimendo a queste azioni chiari significati riabilitativi o abilitativi. In questo articolo si parla dei due canali che ha la musica in RSA: quello attivo, corrispondente alla produzione diretta di melodie tramite la voce o certi strumenti musicali, e quello passivo, concernente l’ascolto musicale che stimola la percezione del suono, lo storno dall’isolamento o soliloquio, l’immaginazione e i ricordi del passato.

Abstract/Sommario: Le pagine di questo dossier sono un vero e proprio viaggio che ci porta ad ampliare il nostro sguardo sulla cura che offriamo alle persone che convivono con demenza in stadio avanzato. Si parte dal corpo e dagli effetti che l’immobilità prolungata ha sulla persona; si sottopongono a critica i nostri modi di pensare alla malattia e a ciò che resta possibile; si parla infine dell’importanza di aver cura della biografia della persona e di continuare a coltivare con lei esperienze signific ...; [Leggi tutto...] Le pagine di questo dossier sono un vero e proprio viaggio che ci porta ad ampliare il nostro sguardo sulla cura che offriamo alle persone che convivono con demenza in stadio avanzato. Si parte dal corpo e dagli effetti che l’immobilità prolungata ha sulla persona; si sottopongono a critica i nostri modi di pensare alla malattia e a ciò che resta possibile; si parla infine dell’importanza di aver cura della biografia della persona e di continuare a coltivare con lei esperienze significative. Ogni articolo costituisce un contributo fondamentale per ripulire le nostre ‘lenti appannate’ e vedere la Persona, per riaccendere l’empatia, per andare oltre a modelli organizzativi incentrati solo sui compiti e sui tempi. Il dossier si compone dei seguenti articoli: 1) “La vita pulsa oltre l’immobilità” di Barbara Carraro, 2) “Oltre l’abbandono affettivo e il disimpegno prescritto” di Letizia Espanoli, 3) “La biografia come faro della cura” di Anna Gaburri, 4) “Idee per coltivare connessioni significative” di Elena Mantesso.