Abstract/Sommario: Chi opera nel sociale è chiamato ad ascoltare, ma come ci si allena, si chiedono gli autori, a farlo? Le situazioni di tensione causate dagli anni della pandemia hanno e stanno, ancora, mettendo a dura prova gli operatori che lavorano nel sociale e che in breve tempo si sono ritrovati con liste di attesa ingigantite e bisogni urgenti. La sfida che i due autori propongono, in questo loro contributo, è relativa alla tenuta della capacità di regolazione emotiva nella gestione del colloqui ...; [Leggi tutto...]
Chi opera nel sociale è chiamato ad ascoltare, ma come ci si allena, si chiedono gli autori, a farlo? Le situazioni di tensione causate dagli anni della pandemia hanno e stanno, ancora, mettendo a dura prova gli operatori che lavorano nel sociale e che in breve tempo si sono ritrovati con liste di attesa ingigantite e bisogni urgenti. La sfida che i due autori propongono, in questo loro contributo, è relativa alla tenuta della capacità di regolazione emotiva nella gestione del colloquio di aiuto, soprattutto in quelle situazioni in cui è difficile mantenere la calma ed ancora più preservare nel nostro pensiero una disponibilità all'incontro, in assenza di giudizio. Rimanere neutrali non significa rimanere indifferenti a ciò che ci è raccontato; è, al contrario, porre la nostra attenzione a ciò che osserviamo, senza troppo giudicare, e cercando di lasciare spazio all'altro di raccontare ed anche a noi stessi di una maggiore profondità e comprensione. Questo rappresenta un momento di fatica anche per gli operatori che avvertono un bisogno maggiore di vicinanza e di riconoscimento e quindi, un maggior bisogno di essere visti nell'impegno del loro lavoro (e nella propria stanchezza): ed è proprio qui che al centro di questo loro bisogno diventa difficile mantenere l'altro al centro dell'ascolto.
Abstract/Sommario: Il lavoro sociale spesso colloca gli operatori di fronte a scelte complesse, che richiedono un posizionamento etico ma che a volte si configurano come veri dilemmi. Questo articolo che fa parte della rubrica "Etica in pratica" (curata dall'autrice) si pone come spazio di riflessione su questi aspetti a partire da alcune situazioni concrete. E' presentato il caso di un uomo di 55 anni con una grave disabilità motoria e intellettiva assistito da sempre dalla propria madre (casalinga), il ...; [Leggi tutto...]
Il lavoro sociale spesso colloca gli operatori di fronte a scelte complesse, che richiedono un posizionamento etico ma che a volte si configurano come veri dilemmi. Questo articolo che fa parte della rubrica "Etica in pratica" (curata dall'autrice) si pone come spazio di riflessione su questi aspetti a partire da alcune situazioni concrete. E' presentato il caso di un uomo di 55 anni con una grave disabilità motoria e intellettiva assistito da sempre dalla propria madre (casalinga), il quale ha sempre vissuto con i suoi genitori (il padre è mancato alcuni anni fa). Questa persona, non autonoma in nessuna azione, fa fatica ad accettare che la madre chieda degli aiuti esterni per occuparsi di lui; c'è la doppia richiesta: quella della madre, piuttosto urgente, di trovare per il figlio una soluzione residenziale e quella del disabile di poter rimanere a casa propria. Agli occhi degli operatori sociali risultano entrambe legittime queste due richieste, che risultano, a prima vista, inconciliabili tra loro. Da una parte il fatto di procedere con l'inserimento del soggetto disabile in una struttura (come richiesto dalla madre) comporterebbe una violazione del diritto di tale soggetto di libertà di scelta, cioè di autodeterminarsi; dall'altra parte, gli operatori coinvolti in questo caso riconoscono che il sostegno all'autodeterminazione della persona disabile non può contrastare il diritto della madre e i suoi bisogni, considerando la difficile situazione. Inoltre, gli operatori coinvolti riconoscono la necessità di prevenire situazioni di disagio e quindi, propongono al disabile un contesto di vita che oltre ad offrirgli una adeguata assistenza tutela anche la sua dignità.
Abstract/Sommario: Il contributo riguarda la figura del Disability job Supporter e il suo ruolo per l'accesso al lavoro delle persone disabili. Ma chi è il Disability job Supporter (DJS)? Egli è un passeur della disabilità o meglio è il protagonista dell'inclusione lavorativa delle persone con disabilità che possiede conoscenze e competenze varie (economiche, psicologiche, pedagogiche) che gli permettono di seguire tutto l'iter dell'inclusione; in poche parole, è una figura professionale che funge da cer ...; [Leggi tutto...]
Il contributo riguarda la figura del Disability job Supporter e il suo ruolo per l'accesso al lavoro delle persone disabili. Ma chi è il Disability job Supporter (DJS)? Egli è un passeur della disabilità o meglio è il protagonista dell'inclusione lavorativa delle persone con disabilità che possiede conoscenze e competenze varie (economiche, psicologiche, pedagogiche) che gli permettono di seguire tutto l'iter dell'inclusione; in poche parole, è una figura professionale che funge da cerniera fra la disabilità e il lavoro, gestendo il processo di passaggio al lavoro della o delle persone disabili collocandole nel posto giusto. Egli non conosce solo la disabilità ma anche il mercato e il mondo del lavoro e il suo compito è quello di comprendere e coniugare i bisogni delle persone disabili con le esigenze delle aziende e dei servizi coinvolti.
Abstract/Sommario: Partendo dal concetto che il linguaggio che noi utilizziamo ogni giorno non è mai neutro, ma delinea e definisce lo spazio in cui ci muoviamo, l'autore sostiene che la nostra stessa identità è condizionata dalle parole, sia quelle usate dalle altre persone per definirci e sia quelle usate dai noi stessi e in cui ci riconosciamo. Da qui parte la sua intervista a Fabrizio Acanfora (docente universitario, divulgatore e neurodivergent advocate). Facendo leva sulla propria esperienza Acanfo ...; [Leggi tutto...]
Partendo dal concetto che il linguaggio che noi utilizziamo ogni giorno non è mai neutro, ma delinea e definisce lo spazio in cui ci muoviamo, l'autore sostiene che la nostra stessa identità è condizionata dalle parole, sia quelle usate dalle altre persone per definirci e sia quelle usate dai noi stessi e in cui ci riconosciamo. Da qui parte la sua intervista a Fabrizio Acanfora (docente universitario, divulgatore e neurodivergent advocate). Facendo leva sulla propria esperienza Acanfora sostiene che il peso delle parole è estremamente grande, e più in generale il linguaggio incide molto sulla formazione dell'identità delle persone.
Abstract/Sommario: Il dossier è formato da 3 articoli: 1) "Long Term Care" di Franca Maino (Sfide e prospettive di cambiamento con la nuova riforma della non autosufficienza in Italia. L'invecchiamento della popolazione sta rimodellando gli aspetti economici e sociali del Paese con conseguenze che impattano sul mercato del lavoro, sul consumo, sulla produzione e sul welfare. La pandemia ha generato enormi problemi, ma ha aperto anche una finestra di opportunità). 2) "Una scatola con altre scatole" di Nic ...; [Leggi tutto...]
Il dossier è formato da 3 articoli: 1) "Long Term Care" di Franca Maino (Sfide e prospettive di cambiamento con la nuova riforma della non autosufficienza in Italia. L'invecchiamento della popolazione sta rimodellando gli aspetti economici e sociali del Paese con conseguenze che impattano sul mercato del lavoro, sul consumo, sulla produzione e sul welfare. La pandemia ha generato enormi problemi, ma ha aperto anche una finestra di opportunità). 2) "Una scatola con altre scatole" di Nicola Gencarelli (Il ruolo della tecnologia digitale nella cura delle persone anziane fragili). 3) "Come utilizzare il PAI" di Giulia Avancini (Il PAI è uno strumento utilizzato con il fine di definire un progetto per una persona che ha delle necessità di cura e assistenza più o meno rilevanti. Le fasi di applicazione del Piano assistenziale individualizzato sono: Assessment iniziale, Stesura, Applicazione, Monitoraggio, Verifica Finale).