Abstract/Sommario: Da tempo nei servizi e nei sostegni alle persone con disabilità si riflette sul costrutto di qualità della Vita (QdV), all’interno di un nuovo paradigma che potrebbe essere definito olistico o esistenziale. Gli aspetti personali si aggiungono a quelli clinici e funzionali, disegnando un modello di presa in carico che riconduce i tradizionali interventi sanitari e riabilitativi entro una cornice più ampia, in grado di finalizzare i loro obiettivi in modo più chiaro, e di trovarne altri, ...; [Leggi tutto...]
Da tempo nei servizi e nei sostegni alle persone con disabilità si riflette sul costrutto di qualità della Vita (QdV), all’interno di un nuovo paradigma che potrebbe essere definito olistico o esistenziale. Gli aspetti personali si aggiungono a quelli clinici e funzionali, disegnando un modello di presa in carico che riconduce i tradizionali interventi sanitari e riabilitativi entro una cornice più ampia, in grado di finalizzare i loro obiettivi in modo più chiaro, e di trovarne altri, entro sfere più profonde ed esistenziali. Una questione ulteriore, oggetto del presente contributo, è la seguente: quale posto occupa la spiritualità nel costrutto di Qualità di Vita? Essa è semplicemente un tratto psicologico, o è una dimensione altra e ulteriore? in questo caso, in quali modelli è presente un’adeguata considerazione di questo nono dominio? infine: prendendo posizione per modelli di Qualità di Vita che includano la dimensione spirituale nella valutazione dei bisogni (e nella progettazione degli interventi), quali sostegni potrebbero essere organizzati per facilitare la piena espressione della vita spirituale?
Abstract/Sommario: L'autrice è responsabile dell’Ufficio Catechistico Nazionale settore disabili e, accogliendo l’invito del Papa, discute su come le comunità “si appassionano alla missione di comunicare il Vangelo agli altri”1. Il saggio introduce questa tematica alla luce del Magistero e spiega come la catechesi può diventare luogo di passioni che “comunica” in modo inclusivo. L’autrice propone la valorizzazione delle Information and Communications Technologies (ICT) come strumento di inclusione di tut ...; [Leggi tutto...]
L'autrice è responsabile dell’Ufficio Catechistico Nazionale settore disabili e, accogliendo l’invito del Papa, discute su come le comunità “si appassionano alla missione di comunicare il Vangelo agli altri”1. Il saggio introduce questa tematica alla luce del Magistero e spiega come la catechesi può diventare luogo di passioni che “comunica” in modo inclusivo. L’autrice propone la valorizzazione delle Information and Communications Technologies (ICT) come strumento di inclusione di tutti nel cammino cristiano per permette di veicolare un messaggio e mettere in atto un processo inclusivo che da una forma mentis che integri fede-vita, arrivi ad una visione delle nuove tecnologie come strumento per creare “comunità”.
Abstract/Sommario: La spiritualità è stata ripetutamente considerata come un bisogno umano fondamentale alla salute mentale. Nell’era moderna, il significato di spiritualità si è progressivamente ampliato, abbandonando il riferimento esclusivo alla religiosità (Cooper-Effa et al., 2001; Estanek, 2006) nel modo ben espresso dalla definizione proposta da Swinton alla fine del secolo scorso: la spiritualità rappresenta l’esplicitazione della continua ricerca dell’essere umano di un significato, di uno scopo ...; [Leggi tutto...]
La spiritualità è stata ripetutamente considerata come un bisogno umano fondamentale alla salute mentale. Nell’era moderna, il significato di spiritualità si è progressivamente ampliato, abbandonando il riferimento esclusivo alla religiosità (Cooper-Effa et al., 2001; Estanek, 2006) nel modo ben espresso dalla definizione proposta da Swinton alla fine del secolo scorso: la spiritualità rappresenta l’esplicitazione della continua ricerca dell’essere umano di un significato, di uno scopo, di una conoscenza che trascenda il contingente, di relazioni significative, d’amore e di valore assoluto. Secondo Pierre Teilhard de Cardin la spiritualità coincide con l’indefinibile complessità della natura umana: “noi non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale, noi siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana” (Furey, 1993). Con questa valenza, sebbene possa presentare declinazioni soggettive di significato, la spiritualità assume un ruolo centrale per la cura e la riabilitazione di tutte le persone, non solo per quelle con un chiaro impegno religioso (Egan, 2010). La dimensione religiosa e spirituale della salute mentale non ha ricevuto molta attenzione da parte degli studiosi nel corso degli ultimi 150 anni. Alla fine del XIX secolo, Charcot e Freud cominciarono ad associare la religione con l’isteria e la nevrosi. Tali condizioni hanno dato seguito ad un progressivo allontanamento dell’aspetto religioso e spirituale dalla cura della salute mentale che si è protratto per tutto il secolo successivo. Questa tendenza negativa si è invertita negli ultimi 20 anni, in cui si è assistito ad un crescente interesse da parte della comunità scientifica al ruolo della spiritualità sul disagio psichico, sia in termini di protezione che di resilienza e guarigione. La Disabilità intellettiva e i Disturbi dello Spettro Autistico a Basso Funzionamento sono rimasti esclusi da questo interesse, nonostante la maggiore vulnerabilità psichica e le minori soddisfazioni di vita rispetto alla popolazione generale.
Abstract/Sommario: Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un enorme aumento di procedure e regole relative all’assistenza delle persone fragili. Ma c’è un modo di fare assistenza che implica, pur forse involontariamente, l’abbandono di queste persone: ciò accade nel momento in cui queste ultime non si incontrano con le persone degli operatori ma solo con la loro “tecnica”. La sola tecnica è, per le professioni di relazione di cura e di aiuto, condizione necessaria ma non sufficiente, pena lo str ...; [Leggi tutto...]
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un enorme aumento di procedure e regole relative all’assistenza delle persone fragili. Ma c’è un modo di fare assistenza che implica, pur forse involontariamente, l’abbandono di queste persone: ciò accade nel momento in cui queste ultime non si incontrano con le persone degli operatori ma solo con la loro “tecnica”. La sola tecnica è, per le professioni di relazione di cura e di aiuto, condizione necessaria ma non sufficiente, pena lo stravolgimento in una relazione che di fatto diventa di dominio e asservimento. Il vero professionista della relazione di cura e di aiuto (dal medico all’OSS) non si limita ad aderire formalmente a regole etiche ma, nella relazione, dona se stesso, nell’incontro con l’altro riconosciuto come persona, indipendentemente dalle sue qualità fisiche e cognitive.
Abstract/Sommario: Attraverso un viaggio fatto di immagini e citazioni, il Prof. Borgna ci parla dell’importanza delle parole, delle emozioni, dei ricordi e delle dimensioni soggettive di spazio e tempo nella relazione di cura. “Noi siamo un colloquio”: la tecnica da sola non basta, se non viene contestualizzata da questo dialogo, da questa continua partecipazione affettiva. Ogni incontro con una persona che soffre è un incontro sempre nuovo, in cui occorre soprattutto avere occhi aperti, occhi che guar ...; [Leggi tutto...]
Attraverso un viaggio fatto di immagini e citazioni, il Prof. Borgna ci parla dell’importanza delle parole, delle emozioni, dei ricordi e delle dimensioni soggettive di spazio e tempo nella relazione di cura. “Noi siamo un colloquio”: la tecnica da sola non basta, se non viene contestualizzata da questo dialogo, da questa continua partecipazione affettiva. Ogni incontro con una persona che soffre è un incontro sempre nuovo, in cui occorre soprattutto avere occhi aperti, occhi che guardano altri occhi.
Abstract/Sommario: Il titolo che mi è stato proposto La vita nelle nostre mani è un titolo impegnativo e ambivalente. La vita nelle nostre mani: in che senso? È nostra la vita, ci appartiene? È nelle nostre mani per essere protetta o è a nostra disposizione per essere manipolata? Queste sono domande cruciali per la bioetica. Bios vuol dire “vita” mentre etica indica lo studio dei comportamenti umani in rapporto ai valori e la bioetica, prima di tutto mette a tema la vita e il nostro rapporto con la vita. ...; [Leggi tutto...]
Il titolo che mi è stato proposto La vita nelle nostre mani è un titolo impegnativo e ambivalente. La vita nelle nostre mani: in che senso? È nostra la vita, ci appartiene? È nelle nostre mani per essere protetta o è a nostra disposizione per essere manipolata? Queste sono domande cruciali per la bioetica. Bios vuol dire “vita” mentre etica indica lo studio dei comportamenti umani in rapporto ai valori e la bioetica, prima di tutto mette a tema la vita e il nostro rapporto con la vita. Potere o responsabilità? Questa è la prima domanda che ci facciamo. La mia vita è nelle mie mani come una possibilità di totale autodisposizione? La vita dell’altro è nelle mie mani come possibilità di dominio? Oppure il mio atteggiamento verso la vita è responsabilità e risposta a un appello? Per rispondere a questa domanda è necessario mettere a tema un altro e ancora più fondamentale problema: quando si parla di vita umana, che cosa significa esattamente “umano”? chi è veramente umano? chi è veramente degno di rispetto? Si tratta di una questione ineludibile dal punto di vista etico e giuridico.
Abstract/Sommario: Il titolo rappresenta una domanda radicale: è possibile una vita spirituale laddove la disabilità intellettiva è grave e profonda? La debolezza delle capacità cognitive non rappresenta di per sé un ostacolo all’espressione della spiritualità? Non è meglio, più semplicemente, ricondurre la riflessione al tema dell’inclusione, intesa come partecipazione della persona con disabilità alla vita di una comunità religiosa, a prescindere dalla capacità di vivere in prima persona, per così dir ...; [Leggi tutto...]
Il titolo rappresenta una domanda radicale: è possibile una vita spirituale laddove la disabilità intellettiva è grave e profonda? La debolezza delle capacità cognitive non rappresenta di per sé un ostacolo all’espressione della spiritualità? Non è meglio, più semplicemente, ricondurre la riflessione al tema dell’inclusione, intesa come partecipazione della persona con disabilità alla vita di una comunità religiosa, a prescindere dalla capacità di vivere in prima persona, per così dire in proprio, una dinamica spirituale? Presa da un altro punto di vista, la questione può essere espressa in questi termini: che rapporto c’è tra la vita spirituale e l’intelligenza, con particolare riferimento ad un aspetto centrale come la capacità di comprendere le parole, di sostenere un dialogo interno e di comunicare? Occorre riconoscere con onestà che questo legame non è probabilmente così centrale come si potrebbe immaginare. Per certi aspetti, affermare che la spiritualità sia correlata alla capacità di comprendere rappresenta, al contrario, una sorta di contraddizione in termini, in quanto la dimensione trascendente, per definizione, non rientra nel dominio del comprensibile e del noto, quanto invece in quello dello stupore, della meraviglia di fronte ad aspetti dell’esperienza che non che non è dato comprendere, che ci sorprendono e ci sfuggono.