Abstract/Sommario: L'utilizzo dei 191,5 miliardi del Pnrr si sta giocando tutto all'interno dei palazzi. Ma senza un reale coinvolgimento e una reale corresponsabilità di chi conosce da vicino i bisogni delle comunità e ha imparato a costruire modelli di intervento nuovi ed efficaci, è alto il rischio di gettare al vento queste enormi risorse. È una questione di impatto. E di innovazione. Non di convocazioni, tavoli verdi, quote di risorse. A cosa vogliamo che servano i 191 miliardi del Piano Nazionale d ...; [Leggi tutto...]
L'utilizzo dei 191,5 miliardi del Pnrr si sta giocando tutto all'interno dei palazzi. Ma senza un reale coinvolgimento e una reale corresponsabilità di chi conosce da vicino i bisogni delle comunità e ha imparato a costruire modelli di intervento nuovi ed efficaci, è alto il rischio di gettare al vento queste enormi risorse. È una questione di impatto. E di innovazione. Non di convocazioni, tavoli verdi, quote di risorse. A cosa vogliamo che servano i 191 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? A rafforzare le comunità o a efficientare la macchina dello Stato? A innovare i servizi, per rispondere ai bisogni di oggi e di domani o a rafforzare i servizi esistenti? Non è un aut aut, tutt’altro: il secondo termine anzi è condizione necessaria per realizzare il primo. Condizione necessaria, sì, ma non sufficiente. Se davvero vogliamo che #NextGenerationItalia – il nome proprio del Pnrr – abbia un impatto sulla vita delle persone e delle comunità, migliorandola, non si può continuare a prescindere dal sapere diffuso che in Italia esiste e che molto ha da dire rispetto alla partita di innovare, forte del suo saper leggere i bisogni (anche quelli più nascosti), saper dare risposte, saper valutare l’impatto. Sulla carta è già scritto: «L’azione pubblica potrà avvalersi del contributo del Terzo settore. La pianificazione in coprogettazione di servizi sfruttando sinergie tra impresa sociale, volontariato e amministrazione, consente di operare una lettura più penetrante dei disagi e dei bisogni al fine di venire incontro alle nuove marginalità e fornire servizi più innovativi, in un reciproco scambio di competenze ed esperienze che arricchiranno sia la PA sia il Terzo settore», si legge alla Missione 5 del Pnrr. Nei fatti però fino ad oggi il Piano è stato eminentemente una questione interna ai Palazzi. Ecco perché dalla società civile, dal Terzo settore, dalle organizzazioni di cittadinanza attiva, dalle università arriva la richiesta urgente di mettere a tema la governance del Pnrr, dandole una prospettiva più partecipata, di maggior dialogo sociale: non per rivendicare una quota di rappresentanza o di risorse, ma per esercitare quel ruolo di sussidiariertà circolare che l’articolo 118 della Costituzione sancisce quando si parla della capacità dei cittadini di partecipare alla costruzione dell’interesse generale. Per essere protagonisti attivi, non esecutori. E soprattutto per non perdere la sfida di un utilizzo ad alto impatto sociale di questi 191 miliardi (di cui 122 a prestito), che il Paese avrà una volta sola. Gli strumenti per farlo ci sono, dal bando partecipato alla coprogettazione, dalla finanza ad impatto ai patti di collaborazione. Insieme alla conoscenza che Terzo settore e società civile hanno dei bisogni delle comunità e dei territori, premessa per l'efficace costruzione di nuove risposte capaci di vedere anche la parte sommersa dell'iceberg, quella che determinerà le esigenze future. Perché le risorse del Pnrr non sono proprietà dello Stato: sono destinati alla comunità e devono essere un volano per i territori. Non solo soldi da spendere, ma talenti da far fruttare. Ne parlano Sara De Carli, Anna Lisa Mandorino, Stefano Consiglio, Fabrizio Barca, Andrea Morniroli, Luigi Bobba, Pasquale Bonasora, Giovanna Melandri, Marco Rossi-Doria, Sergio Amadori e Virginio Brivio. «Non stiamo facendo charity, stiamo innovando il welfare: è questo che chiediamo ci venga riconosciuto», dice Marco Rossi-Doria, presidente dell'impresa sociale Con i Bambini. Una sfida di metodo e di contenuti, raccolta dagli inteventi dei ministri Elena Bonetti e Andrea Orlando, del vicepresidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato e l'ex ministra Livia Turco che ripercorre il senso del volontariato per la politica.