Abstract/Sommario: Il numero speciale della rivista pubblica delle riflessioni critiche sul diritto di autodeterminazione. La a sentenza in commento, riguardante una nota vicenda umana e giudiziaria in grande risalto perché, nell’attuale carenza di una specifica disciplina legislativa, è intervenuta nella delicata materia della sospensione delle cure, ai malati in stato di coma irreversibile o stato vegetativo persistente. L’intera vicenda giudiziaria, che scaturisce dalla richiesta di sospensione dell’a ...; [Leggi tutto...]
Il numero speciale della rivista pubblica delle riflessioni critiche sul diritto di autodeterminazione. La a sentenza in commento, riguardante una nota vicenda umana e giudiziaria in grande risalto perché, nell’attuale carenza di una specifica disciplina legislativa, è intervenuta nella delicata materia della sospensione delle cure, ai malati in stato di coma irreversibile o stato vegetativo persistente. L’intera vicenda giudiziaria, che scaturisce dalla richiesta di sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiali di una malata in stato vegetativo permanente, ruota intorno al diritto di rifiutare i trattamenti sanitari, basato non su un diritto generale ed astratto ad accelerare la morte, ma sul diritto all’integrità del corpo e a non subire interventi invasivi indesiderati. Diritto di rifiutare fondato sulla libera disponibilità del bene salute da parte del diretto interessato nel possesso delle sue capacità di intendere e di volere. Il Collegio ha ritenuto che la salute dell’individuo non può essere oggetto di imposizione autoritativo-coattiva; quindi, di fronte al rifiuto della cura da parte del diretto interessato, assolto il dovere di verificare che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale, può esserci ancora spazio per una strategia della persuasione, perché il compito dell’ordinamento è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà concreta nelle situazioni di debolezza e di sofferenza, ma quando il rifiuto abbia tali caratteristiche non c’è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come principio di ordine pubblico. Il diritto alla autodeterminazione terapeutica del paziente non si può disattendere neppure quando da esso consegua il sacrificio del bene della vita.